Mostra Electa

A Parma una mostra sulla committenza della famiglia Farnese

A venticinque anni dall’ultima esposizione sul tema, il Complesso Monumentale della Pilotta di Parma ospiterà, dal 18 marzo al 31 luglio 2022, una grande mostra dedicata alla committenza della famiglia Farnese, con l’obiettivo di indagare la straordinaria affermazione della casata nella compagine politica e culturale europea dal Cinque al Settecento, attraverso l’utilizzo delle arti come strumento di legittimazione. I Farnese. Architettura, arte, potere è realizzata dal Complesso Monumentale della Pilotta in partenariato con la nostra casa editrice Electa, con il sostegno del Comune di Parma.

L’esposizione, curata da Simone Verde con Bruno Adorni, Carla Campanini, Carlo Mambriani, Maria Cristina Quagliotti e Pietro Zanlari, presenterà oltre 300 opere provenienti da collezioni pubbliche e private, italiane ed europee insieme a opere della Collezione Farnese a Parma. Da segnalare alcuni prestiti eccezionali, a conferma delle relazioni e dell’interesse dei Farnese per la cultura e gli oggetti provenienti da terre lontane e sconosciute.

Il risultato è un corpus di materiali museali ed archivistici che confluisce per la prima volta in una delle mostre più importanti mai realizzata sul tema del collezionismo rinascimentale e di sicuro la più ricca in assoluto sulla Collezione Farnese, in cui si ritrova una riflessione dell’aderenza tra residenze e raccolte artistiche, capace di evocare quel connubio tra opere e architettura che legava i contenuti al loro contenitore. 

Il percorso espositivo, sviluppato su diversi nuclei tematici, sarà articolato nei diversi spazi del Complesso della Pilotta: i Voltoni del Guazzatoio, il Teatro Farnese, la Galleria Petitot della Biblioteca Palatina e la Galleria Nazionale. Ad accompagnare l’iniziativa una serie di pubblicazioni che approfondiranno la storia globale del collezionismo farnesiano, con contributi dei maggiori studiosi al mondo di questo tema, e le complesse vicende della committenza artistica e architettonica.

Le pubblicazioni de I Farnese. Architettura, arte, potere sono edite da Electa.

Tutte le informazioni su electa.it

Le foto sono di Paolo Portoghesi e Giovanni Hänninen.

La Triennale di Milano ed Electa celebrano la carriera di Saul Steinberg, tra Milano e New York

Saul Steinberg - Milano New York

Triennale Milano e Electa dedicano un’attesissima mostra a Saul Steinberg (1914-1999), a cura di Italo Lupi e Marco Belpoliti con Francesca Pellicciari.
Un omaggio che Milano doveva al grande artista, che ha dedicato molte delle sue opere di tagliente intelligenza alla città in cui ha soggiornato negli anni di formazione.

L’allestimento al primo piano di Triennale nella Curva, punto privilegiato del Palazzo dell’Arte, è disegnato da Italo Lupi, Ico Migliore, Mara Servetto in dialogo sensibile con l’architettura.

Un’esposizione ricca di disegni a matita, a penna, a pastello; opere realizzate con timbri e ad acquerello, maschere di carta, oggetti/sculture, stoffe, collages, a documentare la intensa e multiforme attività artistica di Steinberg. Ad accompagnare le opere, un’ampia selezione di apparati documentali e fotografici, utili per una più attenta comprensione della vita dell’artista, nonché una selezione accurata di riviste e libri originali, che – a partire dalle famose copertine del ”The New Yorker” – hanno accolto alcuni dei contributi più significativi di Steinberg.

350 opere circa, provenienti da importanti istituzioni, quali la Saul Steinberg Foundation, il Jewish Museum e la Hedda Sterne Foundation di New York, il Museum of Fine Arts di Boston, nonché da collezionisti e amici di Steinberg, in Italia e all’estero.

In questa occasione, viene inoltre mostrata in anteprima parte dell’importante donazione di opere dell’artista che la Biblioteca Nazionale Braidense ha recentemente ricevuto dalla Saul Steinberg Foundation.

La mostra si inserisce nel percorso che Triennale sta portando avanti su alcuni protagonisti della cultura del Novecento che da Milano hanno sintetizzato un’estetica e una visione del progetto che ha poi avuto influenze in tutto il mondo. Una serie di esposizioni monografiche che restituiscono la grandezza di figure complesse, facendo emergere nuove chiavi interpretative e superando facili etichette e inquadramenti.

Laureatosi avventurosamente alla facoltà di Architettura del Regio Politecnico, Steinberg non ha mai dimenticato gli anni trascorsi a Milano (dal 1933 al 1941), città in cui, oltre a stringere importanti rapporti di amicizia con alcuni protagonisti del vivace mondo culturale milanese di quegli anni – a partire da Aldo Buzzi, suo amico fraterno – si inizia a delineare il suo personale percorso artistico, attraverso i primi contributi alle riviste satiriche degli anni Trenta come Il Bertoldo e il Settebello, tramite i quali ottiene una prima, precoce fama come disegnatore umoristico.

Saul Steinberg Milano New York in Triennale prende spunto proprio da questi esordi per fornire una prima testimonianza del suo rapporto con l’Italia in generale, e con Milano in particolare, senza però tralasciare anche altre città – reali, come Venezia o Carpi, oppure immaginarie, frutto di straordinari pastiches di paesaggi urbani composti da cupole romane e fantasie architettoniche, non riconducibili ad una città specifica ma dal sapore tutto italiano.

Espulso nel 1941 dall’Italia per motivi razziali, Steinberg raggiunse faticosamente nel 1942 gli Stati Uniti, da cui, arruolatosi nelle fila dell’esercito alleato, ripartì con lo scopo di raccontare attraverso i propri occhi gli eventi del conflitto mondiale, andando a toccare oltre ai teatri di guerra di Cina, India e Nord Africa anche il Belpaese.
Dall’esperienza del conflitto scaturirono importanti opere, due delle quali, già esposte nel 1946 al MoMA in occasione della mostra Fourteen Americans, saranno presenti in Triennale.

Nucleo centrale dell’esposizione è un’opera specificatamente realizzata da Steinberg per Milano: quattro disegni preparatori, ciascuno composto da una striscia di carta piegata a fisarmonica lunga fino a 10 metri, che, una volta ingranditi fotograficamente, vennero incisi con la tecnica a “sgraffito” sui muri curvi del Labirinto dei ragazzi, progettato dallo studio di Architettura BBPR per la 10ª Triennale di Milano del 1954. Questi quattro leporelli, parte della donazione alla Biblioteca Braidense, contengono molti dei temi e dei segni artistici che Steinberg svilupperà lungo tutto l’arco della sua carriera. In primis, quello della linea, la cui ingannevole semplicità assume, nelle mani e nel pensiero di Steinberg, declinazioni inesauribili, in un esperimento narrativo continuo.

Per offrire una rappresentazione esauriente del Labirinto, oltre al materiale documentario sul progetto architettonico dei BBPR, proveniente dagli archivi di Triennale, è presente in mostra un Mobile di Alexander Calder, proveniente dalla GAM di Torino, a ricordo di quello che era situato al centro del suo percorso. E non è un caso che Steinberg e Calder si trovassero affiancati all’interno dello stesso progetto: oltre ad essere grandissimi amici (Steinberg scriverà un testo commovente per il necrologio di Calder) i due artisti si erano già trovati a lavorare fianco a fianco, essendo stati convocati entrambi a realizzare delle opere per l’erigendo Terrace Plaza Hotel di Cincinnati, nei tardi anni ’40. Negli anni Settanta, Steinberg dedica a Milano altri disegni di straordinaria intelligenza, raffigurando la città come il suo ricordo gli suggerisce. Ecco quindi le architetture solennemente novecentesche del Regime, ancora immerse in scenari di grottesca quotidianità fascista, i luoghi della sua vita milanese nei dintorni del Politecnico, e altre cartoline dalla sua vita passata: “L’aria di Milano era ottima, allora, e la luce bellissima, e vedevo una cosa che non avevo mai visto, lo svegliarsi tranquillo e silenzioso di una città: gente a piedi, gente in bicicletta, tram, operai.” Accanto a ciò, trova spazio una sintesi il più possibile estesa di tutto ciò che compone il variegato e sorprendente universo di Steinberg: uno sguardo sul mondo che accoglie, interpreta e rielabora temi e soggetti di ogni genere, con uno stile e una visione immediatamente riconoscibili.

Il libro: Steinberg A-Z

La mostra è accompagnata da un libro-catalogo, edito da Electa, dal titolo Steinberg A-Z, organizzato come una “enciclopedia” contemporanea: un volume a cura di Marco Belpoliti che analizza l’opera di Saul Steinberg nei suoi molteplici aspetti, dall’architettura al disegno, dal rapporto con Milano a quello con New York, alle mappe, all’epistolario con Aldo Buzzi, agli artisti che gli furono amici e compagni come Costantino Nivola e Alexander Calder, ma anche Alberto Giacometti e Le Corbusier. Il libro riunisce i contributi di Stefano Boeri, Marco Sammicheli, Claudio Bartocci, Stefano Bartezzaghi, Francesco Cataluccio, Gabriele Gimmelli, Nunzio La Fauci, Francesca Pellicciari, Mario Tedeschini Lalli, Stefano Salis e altri a cui sono state affidate le voci dell’enciclopedia, un centinaio di lemmi circa per offrire uno spaccato dell’universo di Steinberg.

L’allestimento in Triennale

Lo spazio che ospita la grande mostra steinberghiana è quello autorevole per la sua posizione nell’ampio e certo fortemente rappresentativo emiciclo vetrato al primo piano del Palazzo della Triennale. Spazio molto importante nella planimetria del palazzo, ma che, con le sue superfici curve completamente vetrate e luminosissime, ha richiesto soluzioni complesse per l’esposizione delle opere, anche in relazione alla luce molto intensa. “Affrontando con Ico Migliore e Mara Servetto, soliti compagni di viaggio e spesso direttori d’orchestra, questa nuova avventura, si è stabilito che la linea guida del progetto doveva essere quella di un allestimento che valorizzasse la nobile architettura di Giovanni Muzio, progettista del Palazzo” sottolinea Italo Lupi. Filtrata da una prima zona fortemente dinamica per i tagli diagonali e per la ricca testimonianza fotografica e letteraria sulle pareti, la vera sala espositiva è risolta con una serie di teche luminose e tavoli orizzontali, ma soprattutto con la grande libreria che segue attentamente la curva dell’emiciclo e ospita e svela le opere. Si è pensato a questa grande libreria come a un potente diorama capace di raccontare puntualmente la complessità delle opere steinberghiane.
Il necessario controllo della luce, che per molte opere richiede standard rigidissimi, ha imposto l’oscuramento totale delle superfici vetrate. Un colpo d’occhio che sottolinea e non contraddice la comprensione spaziale dell’architettura.
E, da uno spiraglio lasciato libero, corre lo sguardo verso l’angolo verde del Parco Sempione che, nella 10ª Edizione della Triennale, aveva ospitato il Labirinto, storico monumento BBPR/Steinberg. 

Electa presenta la mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche”

La reggia di Nerone riapre al pubblico con la mostra “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche”

La Domus Aurea riapre al pubblico con un percorso di visita ricco di novità e con una mostra organizzata e prodotta da Electa

La mostra

“Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche” è la mostra pensata per il cinquecentenario della morte di Raffaello Sanzio (6 aprile 2020), allestita nella Sala Ottagona e negli ambienti circostanti con straordinari apparati interattivi e multimediali.

Intorno alla metà del secondo decennio del Cinquecento, Raffaello fu il primo artista rinascimentale a comprendere la logica dei sistemi decorativi della residenza neroniana, riproponendoli organicamente, grazie alle sue profonde competenze antiquarie, in numerosi capolavori ricordati in questa esposizione. Curata da Vincenzo Farinella e Alfonsina Russo con Stefano Borghini e Alessandro D’Alessio, è promossa dal Parco archeologico del Colosseo e prodotta da Electa.

Il progetto narra l’eccezionale storia della riscoperta della pittura antica sepolta nelle “grotte” dell’originaria Domus Aurea di Nerone. Una storia che comincia intorno al 1480, quando alcuni pittori, tra i primi Pinturicchio, Filippo, Lippi e Signorelli, si calano nelle cavità del colle Oppio – definite appunto grotte – per recarsi, a lume di torce, ad ammirare le decorazioni pittoriche, e da allora chiamate “grottesche”, di antichi ambienti romani. Stavano scoprendo, senza ancora saperlo, le rovine dimenticate dell’immenso palazzo imperiale di Nerone celebrato dalle fonti.

La mostra, il cui allestimento e interaction design sono progettati da Dotdotdot, si sviluppa nella Sala Ottagona, vero e proprio capolavoro dell’architettura romana imperiale, e nei cinque ambienti limitrofi. Alle proiezioni digitali si aggiunge un progetto di sound design che, in tempo reale, genera una colonna sonora basata sulle musiche romane e rinascimentali.

La visita

La mostra è visitabile tutti i giorni, e dal venerdì alla domenica è compresa nella visita guidata del cantiere della Domus Aurea. Per info: https://parcocolosseo.it/ e raffaellodomusaurea.it